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Riutilizzo in Italia: una rivoluzione culturale possibile?

Realtà e prospettive per il riuso in Italia ed UE: l'agenda di settore e alcune considerazioni operative, economiche ed ambientali .



Il riutilizzo degli imballaggi in Italia: una rivoluzione culturale possibile? Restaincircolo.org, il tavolo permanente del riutilizzo, che ha come obiettivo la creazione di un movimento d’opinione per il riuso come alternativa all’usa&getta, si è riunito il 17 novembre 2023 in occasione del Festival di Giacimenti Urbani per fare il punto sulla situazione in merito agli imballaggi riutilizzabili.


In previsione del voto all’Europarlamento del 22 novembre 2023 (vedi articolo), nuova tappa importante nell’iter d’approvazione della PPWR - Proposal for Packaging Waste Reduction (Bozza di Regolamento degli imballaggi e rifiuti d’imballaggio), attraverso le voci di Elena Grandi, Assessore all'ambiente del Comune di Milano, Enzo Favoino, ricercatore di Zero Waste Europe, Gianluca Bertazzoli di Giacimenti Urbani, Paolo Ricotti di Planet Life Economy Foundation ETS (PLEF) e Dario Cottafava, ricercatore dell’Università di Torino, si è cercato di fare il punto sullo stato dell’arte e su quelli che erano i nodi chiave che vedevano l’opposizione del Governo italiano e di molti parlamentari al target di riuso.





ENZO FAVOINO

Enzo Favoino ha posto in evidenza il fatto che il riuso è già una realtà, sono oltre 400 i sistemi per il riutilizzo esistenti in Europa come dimostra la piattaforma Reuse Landscape. Si tratta di fatto di una scelta obbligata, dal momento che attualmente solo il 14% della plastica prodotta a fine vita trova un utilizzo circolare senza finire in discarica o bruciata; viceversa, i sistemi riutilizzabili relativi a imballaggi secondari per il trasporto, alimenti da asporto e contenitori riutilizzabili per bevande, consentono un ritorno dell’investimento nel primo caso dopo 1/2 anni, nel secondo dopo 3/4 e nel terzo a 5/6 anni.

PAOLO RICOTTI

Evidenzia le difficoltà oggettive della trasformazione delle imprese, dei mercati e degli stessi cittadini per poter concretamente adottare stili di consumo favorevoli alla riduzione dell’”Usa e getta” con modalità di riuso. Rilevando la necessità di accorciare la filiera con un maggior utilizzo dello sfuso e il refill, segnala che non si tratta di minare gli interessi dei diversi soggetti interessati, ma quello di evolvere il “paradigma del packaging” con altre tipologie di mescita, di vendita e di riutilizzo assicurando qualità, sicurezza, informazione di legge ed al tempo stesso rafforzando la comunicazione di marca dei prodotti venduti.


GIANLUCA BERTAZZOLI

Eppure, come raccontato da Gianluca Bertazzoli, le associazioni industriali italiane (ma non solo) hanno scelto posizioni conservative, che vedono il riciclo come la soluzione principe per gestire i rifiuti e guardano con ostilità i target di riuso richiesti dalla prima versione della PPWR, indipendentemente dalla Gerarchia Europea dei Rifiuti, che vede Riduzione e Riuso come i gradi più alti del percorso per contenere i rifiuti.


DARIO COTTAFAVA

Proprio a sostegno della tesi che il riciclo sarebbe più vantaggioso del riutilizzo degli imballaggi, sono stati prodotti degli studi di scarso rigore scientifico. E’ su questo tema che è intervenuto Dario Cottafava, ricercatore dell’Università di Torino, che assieme ad altri 57 ricercatori ha scritto una lettera aperta ai politici europei in cui si dicono “particolarmente preoccupati” dalla pubblicazione di uno studio dell’European Paper Packaging Alliance e di uno di McDonald’s pubblicati rispettivamente a fine 2022 e inizio 2023 per influenzare il dibatto sugli obiettivi di riuso inclusi nella proposta di Regolamento imballaggi e rifiuti da imballaggio (PPWR) della Commissione Europea. I due studi hanno usato le analisi LCA per confrontare gli impatti di stoviglie monouso e multiuso e hanno trovato che il monouso era sistematicamente migliore. I ricercatori invitano i decisori politici a “trattare con cautela i risultati” di tali studi che “contengono difetti metodologici [e] non tengono conto dell’intera complessità degli impatti ambientali”. Nella lettera, i ricercatori indicano le caratteristiche che uno studio LCA solido deve avere. Ipotesi fuorvianti, mancanza di trasparenza e necessità di valutazioni dinamiche.

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